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Pochi anni,poca esperienza,poca vita trascorsa,tanta voglia di fare ed esprimersi,combattere e vivere,vivere davvero,vivere credendo in degli ideali,battersi per la verità,l'uguaglianza,la giustizia,la libertà.

Come inizio

4-05-08
Ecco finalmente il mio blog pubblico,la transposizione di me stessa in un nuovo spazio:quello virtuale.Forse lo trasformerò in futuro in un mio piccolo giornale,come mi ha consigliato un'amica.Vedremo,ora iniziamo.

giovedì 19 giugno 2008

Dovrò ricredermi?


«Vi sono innumerevoli forme di oppressione, alcune più sottili delle altre, talvolta abbellite dal richiamo alla giustizia sociale, talaltra mascherate dalla scusa della sicurezza. Per questo, riconoscere e denunciare il subdolo meccanismo psicologico per mezzo del quale i nemici della libertà cercano di indurci ad accettare una servitù volontaria è uno dei compiti più urgenti del nostro tempo». Così scrive Alvaro Vargas Llosa nell’introduzione de “Il mito Che Guevara e il futuro della libertà” .Nel resto del libro, l’autore si dedica a questo compito demolendo Ernesto Che Guevara, l’icona alla quale si richiamano movimenti più o meno rivoluzionari e, almeno in America Latina, uomini politici di primo piano come il venezuelano Hugo Chávez. Oltre, naturalmente, a Fidel Castro.

Il Che è diventato un simbolo di libertà, uguaglianza, ribellione al dispotismo. Addirittura pacifismo. Vargas Llosa sottolinea il primo paradosso. Le icone vendono bene: «Guevara, che tanto (o poco?) ha fatto per abbattere il capitalismo, è oggi ridotto al più classico marchio capitalista». In effetti, il suo volto adorna «tazze, felpe, accendini, portachiavi, berretti, sciarpe, bandane, camicie, borse, jeans, confezioni di the alle erbe». P.S.personale:questa teoria non è valida,perchè non è certo colpa di Ernesto Guevara se orami è diventato un mito. Forse qst commercio nato intorno alla sua immagine è un paradosso,ma è una teoria che nn regge e che non ha ulla a che fare con ciò che Che Guevara ha fatto.
Ministro dell’Industria incompetente
È lo stesso Guevara a sintetizzare il proprio sanguinario ideale di giustizia nel suo “Messaggio alla Tricontinentale” (1967): «L’odio come fattore di lotta - l’odio intransigente contro il nemico - che spinge oltre i limiti naturali dell’essere umano e lo trasforma in una reale, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». «Selettiva» fino a un certo punto. Nella prima metà del 1959, a rivoluzione ormai conclusa, Guevara dirige la prigione di La Cabaña, anche nota come “galera de la muerte”. I nemici politici sono sottoposti a processi sommari. Il Che impartisce disposizioni precise ai membri del tribunale: gli accusati sono tutti assassini e devono finire al muro. Stime attendibili parlano di 400 esecuzioni in meno di sei mesi. Forte di questa esperienza, il Che crea, insieme con Fidel, l’apparato di polizia che ridurrà in schiavitù sei milioni e mezzo di cubani. Nel 1961, dopo la fallita invasione della Baia dei Porci, il nuovo Stato di polizia si consolida. Secondo il Che è l’occasione buona per far sì che i contro-rivoluzionari «non rialzino mai più la testa». La categoria “contro-rivoluzionario” è intesa nel modo più estensivo possibile. Le porte dei campi di concentramento progressivamente si spalancano per «dissidenti, omosessuali, vittime dell’Aids, cattolici, testimoni di Geova, sacerdoti afro-cubani e altri indesiderabili». C’è un aspetto poco noto che merita di essere descritto: il moralismo del Che. «Nel 1958 - scrive Vargas Llosa - dopo aver preso la città di Sancti Spiritus, Guevara cercò (senza successo) di imporre una sorta di shar’ia regolamentando i rapporti fra i sessi, l’uso dell’alcol e le scommesse informali». Il tutto all’insegna di un puritanesimo che il comandante non si sognava neppure di applicare nella sua vita personale.

Anche l’ideale collettivista poggia su massime non esattamente democratiche quali: «Le masse in lotta approvano la rapina delle banche, perché in esse non è depositato uno solo dei loro soldi». Il metro di misura della bontà delle riforme economiche consiste nel numero di individui «che capiscono che nella nuova società non c’è posto per loro». Fra il 1959 e il 1961, Guevara ha in mano le leve dell’economia cubana, prima come direttore della Banca Nazionale, poi come ministro dell’Industria. I risultati sono disastrosi. In quel periodo, scrive Vargas Llosa, «si verificò il crollo pressoché completo della produzione di zucchero, l’industrializzazione fallì del tutto e si dovette ricorrere al razionamento». La riforma agraria fu un affare per i burocrati: le terre sottratte ai ricchi non finirono ai contadini ma agli uomini dell’apparato. Fra il 1961 e il 1963 il raccolto si ridusse della metà.

Le spedizioni in Congo e Bolivia
Perfino l’immagine di genio della guerriglia mostra qualche crepa. Il maggiore successo di Guevara contro Batista, la conquista della città di Santa Clara, è stato messo in discussione di recente. Pare infatti che la resa fu concordata in cambio di una forte somma di denaro. I gruppi di guerriglieri organizzati in Nicaragua, Repubblica Dominicana, Panama e Haiti finirono presto e male. Disastrosa la spedizione in Congo. Guevara si schierò al fianco di due ribelli contro il regime congolese appoggiato dagli Usa. Il primo si chiamava Mulele. Dopo aver preso la città di Stanleyville fece vedere di che pasta era fatto: fu assassinato chiunque sapesse leggere e portasse la cravatta. Il secondo era Laurent Kabila, un altro assassino patentato, come risulterà evidente negli anni Novanta. Nel 1965 Guevara capì che la partita era persa e cambiò aria. Salì al potere Mobutu che instaurò una tirannia destinata a durare decenni. La missione in Bolivia fu invece dilettantesca. Il Che non si accorse di non avere l’appoggio né dei contadini né del partito comunista boliviano. Fu catturato nella gola dello Yuro subito dopo aver incontrato l’intellettuale francese Régis Debray. Il giorno dopo, 9 ottobre 1967 viene ucciso.

Tirando le somme, Vargas Llosa sostiene che in fondo Che Guevara fu molto simile al dittatore Batista, rispetto al quale fu però più spietato ed efficiente. In Guevara riemergono le costanti del potere in America Latina: il caudillismo, cioè l’influenza dominante di una figura autoritaria nel sistema di governo; e il collettivismo, cioè il disprezzo per l’individuo, la proprietà privata, il capitalismo. Caratteristiche evidenti negli attuali regimi venezuelano e boliviano.
Impressioni personali
Dunque,il nostro amato Che Guevara non è un eroe?Non è quel mito a cui si rifanno moltissimi giovani?Non so cosa pensare,dovrebbero essere i fatti a parlare,ma se anche questi possono essere interpretati in mille modi e possono avere lati nascosti,cosa fare?Da molto tempo considero Che Guevara un mito,anche non essendo comunista ed ora questo documento,che pur si basa su fonti attendibili,mi,diciamo,"sconvolge".Che Guevara è il guerillero heroico,il rivoluzionario dell'utopia ed ora....
Dovrò rifletterci un po' su,in effetti non è tutto oro quel che luccica,però mi dispiace.Un po' come quando la mia prof d'italiano ha "scoperto"(nn è accertato)che il nostro Ignazio Silone,che ha scritto libri bellissimi sulla libertà e sugli orrori del fascismo, era lui stesso una spia fascista.

10 commenti:

On. Fabris ha detto...

allora non avevo tutti i torti!!!

GEA ha detto...

cosa dv dirti?sn così confusa!Mi crolla un mito!

On. Fabris ha detto...

Alla faccia del mito, mi sembra uno spietato assassino capitalista...

GEA ha detto...

Assasino capitalista?MA NO!LUI CI CREDEVA nella sua utopia e voleva cambiare la situazione dell'America latina,forse all'inizio era buono,poi è cambiato che so...MA ALLORA PERCHè è diventato un simbolo?

On. Fabris ha detto...

Secondo me è diventato un simbolo, perchè è morto giovane perchè come già successo è una figura fatta, che però se ci indaghi un po su...trovi tanta di quella merda (scusa la parola ma quello che ha fatto non so come definirlo) da far paura ai vari Hitler, Stalin ecc...

GEA ha detto...

Bhè,di certo Che Guevara nn è stato peggio di Hitler o Stalin.Alla fin fine anche tu ammiravi(ma credo ammiri ancora)Benito Mussolini che ha fatto bene e male(ma più male che bene).

On. Fabris ha detto...

...giusto io ammiro Benito Mussolini...adesso non stiamo qui a discutere dei motivi dato che ne abbiamo già parlato...però c'è una sottile differenza il duce, causa l'ignoranza della gente è considerato un criminale, invece la storia di Guevara la conoscono in pochi, per quello è considerato un idolo positivo, anche tu fino a qualche settimana fa lo consideravi un eroe, colui che aveva dato la sua vita per la libertò, io per poter discutere su Guevara con dei dati, tempo fa mi ero informato è diverse cose le avevo già lette, il tuo post farebbe cambiare idea a molti...

GEA ha detto...

Però Le notizie che ho scritto sn tratte da un libro dello scrittore Vargas LLosa (nn so se lo conosci) che si sa che è assolutamente schierato contro Che Guevara quindi è di parte.Le sue notizie tuttavia mi sembrano attendibili.Poi nn pensare che il mio post farebbe cambiare idea,perchè se uno ha un idolo,è difficile farglielo crollare così,leggendo il blog di una tizia.Io l'idea l'ho cambiata parzialmente perchè voglio essere coerente e obiettiva.

On. Fabris ha detto...

Io il libro non l'ho letto, però in questa situzione di parte o meno non c'entra se hai delle fonti attendibili; come nel post dove ho descritto le spese delle regioni Campania e Sicilia, in quel caso leghista o meno, ci troviamo di fronte a dati certi.

GEA ha detto...

Sn giunta ad una conclusione(mi ci è voluto un po',cm vedi):Che Guevara non è stato l'eroe che sembra essere.Certamente è partito cn buone intenzioni,cn una buona carica,cn la giusta voglia di cambire il mondo,qll che voleva l'ha fatto,però non nel modo giusto(poteva rendere Cuba cn Castro un bel paese cn una buona econonmia).Qui è scappato:vedendo che a Cuba aveva combinato un pasticcio cm ministro,è andato a portare altrove le sue teorie che aveva mal applicato.Ha usato cmnq la forza e la violenza per cambiare le cs e qst nn mi piace.Era certamente un uomo carismatico e credeva nei suoi sogni,che erano giusti.Quindi nn lo si può considerare totalmente negativo.
Mussolini è peggio di lui perchè per il suo orgoglio personale e per la sua vanagloria ha condotto un paese alla rovina.Stalin perchè era un dittatore nel vero senso della parola e perchè amava un po' troppo il silenzio,Hitler perchè era un pazzo.